Era da un po’ di tempo che non postavo qualcosa sul mio blog: nè per poca voglia nè per dimenticanza, sia chiaro, ma credo che allo scrivere per non dire nulla, solo per riempire uno spazio bianco con parole senza senso, faccio meglio a lasciar tacere la penna (o, in questo caso, la tastiera!).
Conclusa questa breve premessa, quello a cui voglio dedicare questo breve post è una piccola recensione sugli ultimi due libri (sui ventidue che ho letto dall’inizio dell’anno ad ora) che mi sono capitati tra le mani.
Il titolo del primo è La Spada di Shannara, di Terry Brooks.
Questo volume è il primo capitolo con cui l’autore ha dato vita alla sua famosa saga e per questo è considerato una pietra miliare del genere. Brooks viene, difatti, considerato “il padre del fantasy moderno” e, ad essere franco, dopo aver letto le circa seicento pagine di cui è composto il libro…mi chiedo il perché.
La prima parte della storia mi ha annoiato terribilmente e solo uno sforzo di volontà, nato dal mio desiderio di conoscere bene il campo in cui dovrò muovermi se intendo diventare un autore di genere, mi ha permesso di andare avanti: una trama non appassionante farcita di descrizioni talmente voluminose e di importanza superficiale da essere in grado di nebulizzare l’attenzione del lettore in poco tempo. Dopo la prima metà la storia si riprende bene, sino a diventare quasi avvincente verso la fine, ma la considerazione generale che permea la lettura è quella di star leggendo Il Signore degli Anelli scritto da un’altra mano: una compagnia di avventurieri in viaggio sino ad una terra ostile a causa di un artefatto dal potere di distruggere il cattivo che è riapparso dopo molti anni di silenzio, il vecchio saggio dai poteri magici che guida il gruppo, la rottura di quest’ultimo, la guerra finale.
Come conclusione, l’ho trovato un po’ pesante a causa delle descrizioni e a causa della sua somiglianza col capolavoro Tolkeniano che non lascia in uno stato di rapimento che porta a chiedersi cosa stia per accadere, ma alla fin fine è una lettura graziosa. Probabilmente ha semplicemente deluso le mie aspettative.
Il secondo libro di cui voglio parlare è Notre-Dame de Paris, di Victor Hugo.
C’è da fare una considerazione preventiva: questo di cui parlo è un classico ed è stato scritto alla fine del 1800. Altri tempi, altri lettori, altre esigenze.
La storia è una meraviglia che appassiona ogni oltre immaginazione. Seppur sia un fan del musical, le due storie si discostano molto tra di loro.
Le vicende, i sentimenti dei personaggi, l’ambientazione sono raccontati con maestria e coinvolgono il lettore. Il dolore di Don Claude Frollo nel non potere avere per sè l’Esmeralda viene rievocata nel petto di chi legge, la furia di Quasimodo nel vedersela portata via lascia fremere le mani che stringono il libro. Una storia quasi perfetta coronata da una conclusione magnifica, la cosa più triste e straziante che abbia mai letto.
Seriamente, gente: mi ha strappato una o due lacrime (e non piango per un libro da quando a tredici anni ho letto I Ragazzi della Via Pal!).
L’unica pecca di questo romanzo è, anche qui, la presenza di un certo volume descrittivo non consono alle esigenze che noi, lettori del ventunesimo secolo, cerchiamo in un libro. Ben due capitoli di pura descrizione ingrassano la storia, di cui avrei ben volentieri fatto a meno: il primo descrive Parigi in ogni suo minimo dettaglio, compie una panoramica su ogni edificio, ogni strada, ogni angolo della città illustrandone l’architettura in ogni suo aspetto. Il secondo, invece, impiega lo stesso numero di pagine per spiegare e ripetere che l’invenzione della stampa, con la sua accessibilità, avrebbe cambiato il modo dell’uomo di scrivere la sua storia, che prima si concretizzava con l’architettura.
Ad ogni modo vi ho riflettuto sopra e credo che oggigiorno, a differenza del periodo in cui questo è stato scritto, ci basti uno sguardo su Internet per scoprire il volto di un posto. Penso che l’autore avrebbe evitato una così calda descrizione, se fosse vissuto in tempi successivi in cui la gente non ne avrebbe sentito il bisogno.
Queste sono le mie considerazioni. Non sono un critico, nè sono solito scrivere recensioni, ma sentivo di farlo in quanto sono stati due libri che mi hanno seriamente spinto a commentarli.
Provateli, se potete e volete, e ditemi la vostra. Sono curioso di sapere se la mia opinione si incontra o scontra con quella di qualcun altro.