Manca qualcosa.

Forse è l’odore delle estati trascorse, intrise di un’aroma che sa di vecchio, di passato. Immagini sbiadite come vecchie fotografie color seppia, Soli che tramontano, raggi di luce che si diffraggono sulle creste delle montagne e riflettono sull’orlo dell’orizzonte. Forse che manca il respiro del mondo che nell’unico tempo smuove tutte le fronde, forse l’eco smeraldineo della forza della Terra che riecheggi e rimbombi sotto una coltre di gelo, lasciando al suo passaggio solo una cappa di silenzio.
Il mio spirito vaga come un trovatore alla ricerca del Sole. Ho bisogno del calore, del fuoco delle stagioni di luce, del riflesso sul tronco di un albero, della vibrazione del campo estraneo alla civiltà. Ho bisogno di sentir parlare il vento, di graffiarmi con la roccia, di dividere lo spazio con l’infinito. Cerco la vita nel verde che si mescola con l’azzurro, che a sua volta diverge negli sfocati contorni dell’infinito, sopra sotto e tutt’intorno, e mi ritrovo così a mescere quest’alchimia di colori e sensazioni che salgono al cielo come le lingue del fuoco di Beltane.
Sento il cuore di Gaea, odo la voce dell’Awen, rinasco come il seme che attende la primavera nella sua armatura di ghiaccio, ammiro l’alba, prego nel tramonto e insieme alle ombre del crepuscolo mi allungo e mi mescolo nel Tutto, a fare il miracolo della cosa Una.

«[…] E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. […]»

Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una

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