La struttura del mondo è dinamica ed in continua evoluzione: questa è un’asserzione che ho sentito ripetere spesso, veramente tante volte, in passato. D’altro canto, sembra avere valide fondamenta.
Sta passando un anno strano e io mi rendo conto di rimodellare la mia struttura, ridisegnandomi sotto il profilo di una forma che mi permetta di adattarmi meglio a ciò che mi circonda. Forse è questo lo sbaglio che compiamo, tutti quanti: invece di cercare di migliorare ciò che abbiamo intorno, siamo dotati di un sorprendente e fantastico spirito di adattamento che ci permette di resistere anche alle condizioni peggiori, al costo di divenire peggiori noi stessi. Se solo fossimo in grado di riuscire a mantenere la nostra struttura, forse riusciremmo a vivere in modo più coerente, invece di trascorrere le nostre esistenze mutando da una forma all’altra, in una cascata di frattali senza fine e senza senso.
La camaleontizzazione con l’ambiente circostante è quello che, con il passare degli anni, ci fa divenire sempre più simili al cemento e al ferro di cui amiamo tanto circondarci. Ogni giorno sembriamo allontanarci da quel disegno originario che ci vedeva un tutt’uno con ogni cosa e andiamo annichilendoci in uno spazio ristretto, tagliando fuori le emozioni “inadatte” al mondo in cui ci chiudiamo. Vediamo il cielo e ci sembra immenso, per cui ci volgiamo dall’altra parte e quando torniamo a guardarlo la luce del sole è troppo forte per i nostri occhi troppo abituati alle tenebre e così finiamo per scendere sempre più in profondità. Pochi di noi sono quelli che sono in grado di mettere in moto il processo inverso: ovvero quello di anelare ciò che si trova fuori dal nostro comprendonio. Per costoro, tuttavia, la vita non è facile, in quanto sono le creature con struttura simile quelle che simpatizzano tra di loro. Per tutti gli altri, vi sono solo due strade: l’indifferenza o il cambiamento.
La struttura del mondo è dinamica ed in continua evoluzione. Ed io, in questo momento, stento a riconoscere la forma che ho assunto.