Irlanda, al tempo dei celti. Le colline si dispiegano dolci all’orizzonte, mentre gli alberi rigogliosi depositano un manto di foglie variopinte sul suolo erboso, carico di vita e dell’energia dell’autunno che filtra tra le fronde come la luce del sole.
Un anziano druido, dai capelli grigi e dalla lunga barba, è seduto contro il tronco di un albero ed è intento a contemplare la corsa di un bambino dai capelli color paglia e dalle guance annerite dal terriccio su cui ha giocato tutta la mattina. Jarlath è il nome del fanciullo, figlio di contadini e della madre terra, figlio del popolo libero.
Ad un tratto, il bambino inizia ad inseguire una farfalla, correndole dietro per seguirne il volo.
Il vecchio saggio lo osserva per un poco, quindi gli domanda, senza apparente motivo: «Perché ami la natura?»
Jarlath interrompe il suo gioco, perdendo di vista la farfalla e si volge a guardarlo, senza sapere cosa rispondere. Alla fine, dopo un attimo di riflessione, dice: «Perché è mia ed è bellissima»
«La ritieni tua? O sei forse tu ad essere suo?», insiste l’anziano.
Sempre più confuso, il bambino non sa cosa ribattere. Ci pensa un po’ su, quindi esitante risponde: «Forse tutte e due le cose»
«No», ribatte allora il druido, scuotendo il capo. «Tu sei un guardiano. La terra non ci appartiene: ne siamo i custodi per i nostri figli e per chi verrà dopo di noi. La preserviamo, nella speranza che un giorno anche loro potranno godere della sua magnificenza»
Perplesso, Jarlath corruga la fronte a chiede: «Quindi lo facciamo per noi stessi?»
Il druido rimane in silenzio per un tempo incalcolabile. Quando torna a dischiudere le labbra, dice: «Immagina una coppia di uccelli che danzano insieme nel cielo, cantando le loro lodi al mondo. Stanchi dopo il volo, entrambi si poggiano sui rami di una bianca betulla in mezzo al bosco. Tuttavia, poco dopo, la freccia di un cacciatore li uccide tutti e due». Fa una pausa, osservando l’espressione sgomenta del bambino, quindi aggiunge: «Come ti senti a proposito?»
«Sono triste per loro!», risponde subito il piccolo, senza neanche pensarci.
«Sei triste per loro, non per te stesso. Nell’amore per la natura non c’è nulla di egoistico»